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venerdì 2 luglio 2010

Agostino.....quando è vera amicizia....


Questa è la storia di un gatto.Il suo nome è Agostino.Qualche anno fa, la sera di Ferragosto, me ne stavo sulla panchetta di pietra della nostra minuscola stalla, riattata in minicasetta, nell’entroterra ligure; una piccola gemma adagiata in una valletta un po’ sperduta, colma di pace e natura.Là di notte non esiste il disturbo di nessuna luce artificiale e l’unico rumore percepibile è il gorgogliare del fiume che scorre poche decine di metri più in basso seminascosto nel folto degli alberi. Ero solo in quell’occasione, per tre giorni di vacanza, senza mia moglie.Come spesso accade quando si è lontani da casa e dagli affetti, con l’arrivo della sera ci pervade una dolce malinconia che sbriglia i pensieri ed i ricordi si rincorrono in un gioco d’intrecci tra presente e passato, evocando emozioni che crediamo sepolte per sempre.Ma non è così.Provate a starvene in un posto isolato senza rumori di sorta, magari con la sera che diventa sempre più notte.Sentirete pizzicare corde interiori dimenticate o sconosciute.Potreste tornare indietro di milioni d’anni ed addirittura riuscire ad orientare i vostri padiglioni auricolari verso un suono stando immobili. Forse odorerete l’acqua del fiume la notte.Le stelle si mostrano un po’ alla volta e le lucciole prima timide e poi quasi esagerate nei loro messaggi d’amore, si rincorrono nel bosco che sussurra misteriosi fruscii e sospiri, mentre i suoi aromi dapprima lievi e poi sempre più penetranti ci aiutano a pensare. Completamente immerso in questa sorta di nirvana nel connubio con la natura, mi sentii osservato.Non si trattava solo di una lieve sensazione, ma qualcosa di più potente, quasi un richiamo silenzioso, impellente, che raschiava con insistenza sulla porta dell’inconscio. A volte guardi negli occhi la donna che ami e sai cosa lei sta provando e pensando, così nello stesso modo sapevo che qualcosa o qualcuno cercava di entrarmi nell'animo e farsi riconoscere.Percepii un brivido sulla pelle, mi girai e subito li vidi; poco lontano, sul limitare del prato, dove iniziava il filare di vigne confinanti, due piccole gemme fosforescenti di un gialloverde luminoso, immobili nella notte, mi scrutavano.Prima ancora che con i sensi, fu l’anima a capire che Lui cercava di mettersi in contatto con me già da qualche tempo.Era un gatto, uno dei più speciali che io abbia avuto la fortuna di incontrare.

“Ciao piccolo, cosa succede?” Sussurrai.

Immediatamente un versetto di compiacimento, appena accennato, risuonò dietro quegli occhietti attenti.

Insistetti: “Che fai?ti godi le lucciole?”.

Un misto tra un miagolio interrogativo ed un ronfo di conferma furono proiettati dal buio.

Mi alzai avvicinandomi e anche gli occhi si mossero. Una fuggevole visione di pelo bianco si accostò alla poca luce emanata dalla lampadina sotto la pergola.

Mi avvicinai ancora di più, abbassandomi; con assoluta sicurezza e tranquillità Lui mi venne incontro.

“Che vuoi?Vuoi mangiare?Aspetta un momento che vado a prenderti qualcosa.”Sussurrai.

Entrai in casa e in una ciotolina feci cadere qualche croccantino dei miei gatti.

Tornai fuori. Lui era già sul tavolo sotto la pergola, seduto, dignitoso e senza mostrare alcun timore.Mi osservò attento mentre gli porsi la ciotolina colma di cibo. Con mio grande stupore non la degnò di uno sguardo continuando a fissarmi diritto negli occhi; iniziò invece una sorta di danza con la mia mano, contornata da strofinii della testa e da un sommesso ronfare colmo di soddisfazione, quando cominciai ad accarezzarlo a mia volta.

Ci piacemmo da subito, ma quella sera non mangiò nulla; eppure non sembrava particolarmente in carne, anzi a dire il vero aveva più l’aspetto di un gatto affamato e di nessuno e probabilmente così doveva essere poiché la casa più vicina alla nostra si trova piuttosto lontano ed i pochi abitanti della valletta non sono certo gente particolarmente preoccupata della sopravvivenza dei felini.

Continuammo il gioco delle carezze per un bel po’ parlandoci ed approfondendo la nostra conoscenza.Durante questo scambio di convenevoli scoprii che era un giovane maschio e che nonostante la notevole magrezza non sembrava ferito od ammalato.La cosa durò quasi un’ora; infine lui decise che si era fatto tardi e di punto in bianco, con un ultimo musicale miagolio saltò a terra e con pochi balzi gioiosi scomparve nel folto dei filari di vigna, lasciandomi stupito per la sua docilità ed un po’ deluso per il cibo disdegnato.

Il giorno dopo non lo vidi. Al calare della sera mi accomodai sulla panchetta ad osservare il bosco scuro di là del fiume.Di nuovo mi sentii osservato e come la sera prima vibrarono prepotentemente le mie corde più profonde.Questa volta sapevo cosa, anzi chi mi cercava, infatti, girandomi lo vidi lì, a neanche un metro, dignitosamente seduto vicino alla ciotolina intonsa dalla sera prima.Mi osservava tranquillo con l’aspetto di un gatto egiziano scolpito nella roccia.

Lo apostrofai con un tono allegro: “Eccoti qui gatto misterioso”

Per tutta risposta, andando deciso alla ciotola, con profondi ronfii di soddisfazione iniziò a sgranocchiare le crocchette avanzate. Come fanno i gatti tranquilli e sicuri, mangiando emetteva delicati versetti di gola e alle mie carezze sulla groppa rispondeva con repentini inarcamenti del dorso sventolando la lunga coda nell’aria.

Sazio si fece prendere in braccio e come se da sempre fosse mio lo accarezzai e coccolai a lungo. Era troppo docile, doveva appartenere a qualcuno, ma le indagini che feci il giorno seguente presso i pochi abitanti della valletta furono infruttuose.Nessuno lo aveva mai visto e neppure aveva smarrito gatti negli ultimi mesi.

Nei due giorni successivi c’incontrammo, sempre di sera, e gli offrii lauti pranzi che sembrava gradire molto.Quando la breve vacanza finì gli lasciai un’ampia scorta di cibo ed una cuccetta allestita con una scatola di cartone.Promisi che ci saremmo rivisti dopo un mese.Tornammo, infatti, sul finire di settembre, questa volta mia moglie, io ed i nostri figli pelosi: due cani e due gatti. Di Agostino (così l’avevo infine battezzato) nessuna traccia e quella sera mentre Paola ed i nostri animali se ne stavano in casa, io fuori sulla panchetta mi godevo la pace che accompagna l’arrivo della notte. La stessa sensazione di un mese prima montò in me; mi girai e lo vidi, sempre là, al limitare della vigna con i suoi occhi luminescenti, che lanciava ondate di amicizia.

Non fu necessario chiamarlo con la voce: gli chiesi col pensiero di avvicinarsi e subito lo fece dando inizio alla consueta danza degli strusciamenti, ma la coda era pendula ed immobile e se possibile la magrezza era aumentata rispetto all’incontro di Agosto. C’erano dei problemi.Si fece guardare e toccare; la sua bella coda pendeva semistaccata alla base, fredda e quasi rinsecchita.Lo rifocillai e poi rientrai in casa.Consultatomi con mia moglie decidemmo di chiedere aiuto ad un collega Veterinario e amico che lavorava poco lontano da dove abitavamo.Nel suo ambulatorio provvedemmo ad amputare la coda ormai morta di Agostino.Il risveglio dall’anestesia avvenne nel nostro ripostiglio, con il mozzicone di coda ben ricucito e ripulito da tutti i tessuti infetti e necrotici.Lì Agostino rimase alcuni giorni, accudito ed ingrassato a dismisura.Infine lo lasciammo libero.Gli ultimi tre giorni di vacanza si presentò regolarmente la sera reclamando la cena.Continuammo a nutrirlo, preoccupati per quando non ci saremmo più stati e per l’inverno alle porte.Infine partimmo e con i lucciconi agli occhi lasciammo grandi scorte di cibo, al riparo della pergola.

Tornammo spesso alla nostra valletta, nei due anni a seguire, ma di Agostino nessun segno.Ormai il convincimento che il freddo, la fame o qualche volpe o cacciatore (là abbondano entrambe le speci) avessero posto fine alle sue peripezie si fece strada in noi. Fino al giorno di Ferragosto del terzo anno, quando da solo, per tre giorni di vacanza, la prima sera mi sedetti sull’amata panchetta.Di colpo, prepotente e gioiosa, si manifestò la sensazione che lui fosse lì.Come tre anni prima mi voltai e vidi un grosso e grasso gatto bianco e nero scrutarmi con enormi occhi fosforescenti.Assomigliava ad Agostino, ma non poteva essere lui: troppo ben nutrito e lustro.Si avvicinò ronfando e quasi con orgoglio girandosi su un lato fece in modo che potessi vedere lo splendido e costoso collarino di velluto rosso che indossava. Notai subito la coda mancante, ma ogni dubbio lo fugò lui stesso dando inizio alla danza di sfregamenti con la testa, chiacchierando sommessamente e raccontandomi di come se l’era passata negli ultimi due anni.Come al nostro primo incontro anche quella sera non degnò di uno sguardo il cibo offertogli: come tre anni addietro si saziò del piacere di parlarmi dentro.

Gianluca Zanaboni
Medico Veterinario

2 commenti:

  1. troppo carina questa storia ma è succsso davvero????

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  2. si è una storia vera :) gli animali sono speciali e capaci di sorprenderci sempre.....

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